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Il Lato Oscuro dei KPI: Perché Le Metriche Tradizionali potrebbero farti fallire

Angelo Antonio Annibaldis

Pubblicato il 8 Settembre 2024

Introduzione all’A/B Testing e l’importanza dei KPI

A-B Testing

A/B Testing amore-odio: una premessa necessaria

L’A/B testing può essere una montagna russa emotiva per chi lavora nel digital marketing o nell’e-commerce.

Alcuni lo vedono come la chiave per sbloccare il pieno potenziale del loro business online, una finestra verso miglioramenti continui e ottimizzazioni precise che possono portare risultati straordinari. 

Altri lo considerano una distrazione, un processo lungo e macchinoso che richiede tempo, risorse e, a volte, un’attività senza una chiara evidenza dei risultati sperati; è una di quelle pratiche che polarizzano: c’è chi lo ama e chi lo odia.

Potremmo quindi dire che è quasi come un appuntamento al buio…

Si potrebbe incappare nell’incontro perfetto, quello che vi porta esattamente ciò che stavate cercando e vi apre nuovi orizzonti di successo per il vostro business online.

Oppure, potrebbe rivelarsi in un nulla di fatto, lasciandovi con il dubbio se tutto il tempo, le risorse e l’energia investiti siano stati vani.

E se non si conoscono bene le dinamiche di come funzionano i test, il rischio è proprio questo: un’insicurezza di fondo, come ogni esperimento d’altronde.

Tutto questo è abbastanza fisiologico e forse è il motivo di base che rende l’A/B testing tanto affascinante quanto frustrante.

Credo però che la verità sia che, come in ogni avventura, l’A/B testing così come l’ottimizzazione non è né mai del tutto bianca o nera.
Il successo dipende non solo da cosa si testa, ma soprattutto da come lo si fa e dal perchè lo si fa (validità delle ipotesi).

Saper approcciare i test in modo strategico è fondamentale, così come avere le giuste aspettative. Spesso, il fallimento non è dovuto al test in sé, ma alla mancanza di chiarezza su ciò che si vuole ottenere o alla scelta delle metriche sbagliate.

 



Il magico numero delle 1.000 conversioni

“The goal is to turn data into information, and information into insight.”
Carly Fiorina (Ex CEO di Hewlett-Packard)

A-b test VWO Parma

Contro premessa doverosa: prima di immergersi a capofitto in un test A/B, bisognerebbe chiedersi, banalmente:

Ha senso farlo?

L’A/B testing non funziona bene se non si ha una base solida di dati su cui lavorare.

Ecco perché, per ottenere risultati significativi, si consiglia di avere almeno 1.000 conversioni al mese.

Questo è il numero magico sotto il quale i test potrebbero perdere di valore, dato che il campione di dati potrebbe essere troppo ridotto per poter trarre conclusioni affidabili.

Non è un valore assoluto, ma spesso ci si avvicina.

Ad esempio nell’immagine qui in alto vediamo come abbiamo testato l’impatto di un metodo di pagamento rateale su un e-commerce.

Serviva un test che fosse rapido ed efficace, da effettuare solo su una parte del traffico onde evitare scompensi e perdite.
Questo test è statisticamente rilevante principalmente perchè abbiamo abbastanza dati di traffico e numero di conversioni all’incirca attorno alle 1.000/mese

Teniamo presente anche che per “conversione”, non si intende solo l’evento purchase/lead.

Possono essere considerate conversioni anche azioni come l’aggiunta di un prodotto al carrello, la compilazione di un modulo di contatto o un clic su una CTA.

L’importante è che si tratti di azioni misurabili, e che siano significative per il vostro business. Quindi in realtà è sempre tutto molto relativo, l’ideale è comprendere cosa realmente può avere impatto e cosa ha senso misurare e perchè.

Perciò, prima ancora di pensare a cosa testare, chiedetevi:

Ho abbastanza dati per condurre un A/B test significativo?

Se la risposta è no, allora potrebbe essere meglio investire tempo con un approccio basato su euristiche e nel miglioramento del traffico in target, prima di intraprendere l’avventura dell’A/B testing.

 


Quali KPI sono significative nella conversion rate optimization?

ok ne abbiamo già sentito parlare… sono sempre quelle 4 o 5… ma ne siamo sicuri? 

Aumento fatturato e-commerce

Spesso i marketer cadono nella trappola di concentrarsi su metriche luccicanti come ROAS, CTR,  tasso di conversione (CR) o l’average order value (AOV), convinti che se quelle metriche aumentano, il business stia automaticamente migliorando.

Ma purtroppo non è sempre così. Ad esempio un aumento del CR potrebbe essere dovuto a una promozione che riduce drasticamente i margini, e un AOV più alto potrebbe non riflettere una crescita sostenibile, ma solo un incremento temporaneo dovuto a pratiche di upselling aggressive che alienano i clienti nel lungo termine.

O pur se apporta crescita, potrebbe non essere ancora del tutto decisivo.

Nell’esempio qui in alto siamo riusciti nell’arco di un paio di mesi ad alzare notevolmente il CR di questo e-commerce (76,22%) con un aumento del fatturato “solo” del 21,79%. Senza l’utilizzo di leve prezzo, ma unicamente lavorando sull’esperienza utente.

Non che non sia un buon risultato ma va contestualizzato correttamente.

Oltre a un tema di stabilità, per evitare questi errori o abbagli, è fondamentale comprendere a fondo quali KPI siano davvero significativi per il vostro business.

Anche in questo caso, prima di avviare un test A/B, bisognerebbe chiedersi:

– Cosa voglio ottenere davvero?
– Qual è l’obiettivo a breve termine
– Quale nel lungo termine?


Non lasciatevi distrarre dalle metriche superficiali, ma puntate a quelle che indicano un reale progresso verso la costruzione di un business solido e sostenibile.

Tranquilli ora ci arriviamo…

 


La piramide dei KPI: dalla superficialità alla profondità

I KPI possono essere visti come una piramide, con le metriche più semplici e immediate alla base, e quelle più complesse e strategiche al vertice. Questo concetto, apparentemente molto basilare, l’ho imparato da un ottimizzatore Olandese, Ton Wesseling. Diciamo non da uno qualsiasi…

Conversioni e-commerce
In termini CRO la base della piramide è costituita dai clic, una metrica facile da ottenere e manipolare, ma che spesso dice poco sul vero valore generato dagli utenti. Man mano che si sale nella piramide, si incontrano metriche più significative, come il comportamento degli utenti, le transazioni, il revenue per users (di cui parleremo dopo) e, infine, il lifetime value (LTV).

  • Clic: Sì, sono importanti, ma possono essere facilmente influenzati da tattiche come cambiamenti nel design dei pulsanti o nell’offerta di contenuti. Un aumento dei clic non sempre si traduce in un reale miglioramento del business.
  • Comportamento: Questa metrica va più in profondità. Indica come gli utenti interagiscono con il sito, quali pagine visitano, quanto tempo trascorrono su di esse e se compiono azioni rilevanti. Un miglioramento del comportamento può essere un segnale che le modifiche apportate stanno avendo un impatto positivo.
  • Transazioni: Le transazioni sono il cuore di qualsiasi attività di e-commerce. Un aumento delle transazioni indica che gli utenti non solo stanno visitando il sito, ma stanno anche completando l’azione che conta di più: l’acquisto.
  • Revenue per users: Non tutte le transazioni sono uguali. Alcuni utenti possono effettuare piccoli acquisti, mentre altri possono spendere di più. Il revenue per users misura non solo quante transazioni vengono fatte, ma anche la loro qualità in termini di valore economico generato.
  • Lifetime Value (LTV): Il LTV è considerato il “golden goal” dei KPI. Misura il valore totale che un cliente può generare nel corso della sua relazione con l’azienda. È una metrica fondamentale perché permette di valutare non solo il valore immediato di una transazione, ma anche il potenziale a lungo termine di fidelizzazione e crescita.
    Ma c’è un “però” che vedremo fra poco…

Scegliere il KPI giusto dipende dal livello di maturità della vostra azienda e dalla quantità di dati a disposizione.

Le aziende meno mature, o quelle con un volume di dati più limitato, possono iniziare concentrandosi su metriche più semplici, come i clic o le transazioni.

Tuttavia, man mano che l’azienda cresce, è importante spostare l’attenzione su metriche più complesse e strategiche, che riflettono meglio il valore complessivo generato dai clienti nel lungo periodo.

 


Il Criterio di Valutazione Complessivo (OEC) e la sua importanza strategica

OEC Esempio

Image: https://www.gainsight.com/product-management-metrics/critical-user-journey/

Il Criterio di Valutazione Complessivo (OEC): la visione d’insieme

A questo punto, possiamo introdurre un concetto fondamentale per chiunque voglia ottenere il massimo dalle proprie campagne di A/B testing, ma oserei dire ance dal proprio Business: il Criterio di Valutazione Complessivo o Overall Evaluation Criterion (OEC).

Questo concetto, più comunemente utilizzato dalle aziende più mature, offre una prospettiva globale del successo di un esperimento e di come questo impatti i risultati aziendali nel loro complesso.

L’OEC non si limita a osservare una singola metrica, come il tasso di conversione o il numero di clic, ma piuttosto combina vari fattori che aiutano a prevedere il valore a lungo termine per l’azienda. Questa metrica, a differenza di altre, non si concentra sui risultati a breve termine (come un aumento temporaneo del CR), ma guarda a obiettivi più duraturi, come il lifetime value o le visite ripetute.

Il vero punto di forza di un buon OEC è che allinea tutta l’organizzazione verso un obiettivo comune. Più team e dipartimenti si muovono verso lo stesso scopo, meno conflitti interni ci saranno riguardo quali metriche meritano la massima attenzione.

Pensatelo come un’ancora per mantenere l’azienda sulla giusta rotta, nonostante le numerose metriche e obiettivi che potrebbero tentare di distrarre i vari reparti.

Prendiamo un esempio concreto. All’inizio, il team di Bing, il secondo motore di ricerca più grande al mondo, aveva un obiettivo chiaro: aumentare il numero di ricerche per ogni utente. L’idea era semplice: più ricerche significavano più annunci mostrati e, di conseguenza, maggiori entrate.

Nonostante ciò i risultati non furono esattamente quelli attesi. Concentrarsi solo sui flussi che generavano alti guadagni portò gli utenti a effettuare troppe ricerche per trovare ciò che volevano, riducendo la loro soddisfazione.

Successivamente, il team cambiò strategia e si concentrò sul numero di sessioni per utente. Questo cambiamento ebbe un impatto positivo: gli utenti, più soddisfatti, tornarono più spesso, contribuendo a un aumento delle entrate pubblicitarie.

Cosa ci insegna questo?

Quando gli utenti tornano regolarmente a usare il tuo prodotto, significa che sono più soddisfatti e fedeli. Nel caso di Bing, ogni sessione in più significava anche più annunci visualizzati, con un impatto diretto sui ricavi.

In sostanza, un percorso utente basato sull’OEC permette di trovare un equilibrio tra il miglioramento dell’esperienza utente e la crescita dei ricavi aziendali.

Come implementare un OEC efficace

Stabilire un OEC non è affatto semplice. Richiede una stretta collaborazione tra i diversi team e una profonda comprensione degli obiettivi generali dell’azienda. È un lavoro di squadra che deve coinvolgere non solo i marketer, ma anche i team di vendita, di prodotto e finanziari.

Solo con una visione condivisa si può definire una metrica che rappresenti il successo complessivo dell’azienda, senza generare conflitti tra i vari reparti.

Un esempio pratico di OEC potrebbe essere quello di un’azienda di e-commerce che decide di concentrarsi su un tasso di conversione ponderato per categorie di prodotto.

Piuttosto che limitarsi a guardare un tasso di conversione generico, viene attribuito più peso ai prodotti che generano il maggior volume di ricavi o margini di profitto.

Questa approccio evita di concentrarsi su metriche che potrebbero avere un impatto positivo solo a breve termine, ma che alla lunga danneggiano la redditività e la sostenibilità.

Analizziamo “casualmente” un’azienda che vende elettronica, come smartphone, laptop e accessori. In questo caso, un OEC ponderato potrebbe prendere in considerazione il tasso di conversione delle singole categorie di prodotto, attribuendo un peso maggiore ai prodotti che generano i ricavi più alti. Ad esempio:

  • Smartphone: Contribuiscono al 60% dei ricavi totali dell’azienda, quindi il loro peso sarà maggiore.
  • Laptop: Contribuiscono al 30%, quindi avranno un peso minore rispetto agli smartphone.
  • Accessori: Rappresentano solo il 10% dei ricavi, e quindi riceveranno il peso più basso.

Per calcolare l’OEC, bisogna moltiplicare il tasso di conversione di ciascuna categoria per il suo peso e poi sommare i risultati.

Ad esempio, se il tasso di conversione degli smartphone è del 2,5%, quello dei laptop è dell’1,5% e quello degli accessori è del 3%, l’OEC sarà calcolato come segue:

Calcolo OEC

Qui vediamo come l’OEC permetta di avere una visione più precisa della performance complessiva dell’azienda, tenendo conto dell’importanza relativa di ogni categoria di prodotto.

In questo modo, si evitano distorsioni che potrebbero derivare da un’attenzione eccessiva a metriche superficiali, come il tasso di conversione complessivo, di un singolo prodotto o di una categoria.

Ponderazione basata sui margini di profitto

Un’altra opzione per implementare un OEC efficace è quella di basarlo sui margini di profitto. In questo caso, si attribuisce un peso maggiore ai prodotti che generano margini di profitto più elevati, piuttosto che a quelli che producono semplicemente un alto volume di vendite.

Utilizzando lo stesso esempio di prima, consideriamo un’azienda che vende smartphone, laptop e accessori. I margini di profitto medi per ciascuna categoria potrebbero essere:

  • Smartphone: 7%
  • Laptop: 15%
  • Accessori: 70%

Se sommiamo i margini di profitto di tutte le categorie, otteniamo un totale del 92%. Per calcolare il peso di ciascuna categoria, dividiamo il margine di profitto di ciascuna per la somma totale dei margini di profitto:

  • Smartphone:7%/92%=0,076
  • Laptop: 15%/92%=0,163
  • Accessori: 70%/92%=0,761

Ora possiamo calcolare l’OEC moltiplicando i tassi di conversione di ciascuna categoria per i pesi basati sui margini di profitto:

OEC come calcolarlo

Interpretazione dei risultati

Dall’esempio, si nota che il risultato finale cambia in modo significativo a seconda del criterio utilizzato per ponderare le categorie di prodotto.

Se l’azienda scegliesse di basare il proprio OEC sul contributo ai ricavi totali, migliorare il tasso di conversione degli smartphone avrebbe avuto il maggiore impatto sui ricavi complessivi.

D’altro canto, se si utilizzasse un criterio basato sui margini di profitto, migliorare il tasso di conversione degli accessori, che hanno margini di profitto più elevati, potrebbe avere un impatto maggiore sulla redditività complessiva dell’azienda.

La scelta del criterio di ponderazione dipende dagli obiettivi strategici dell’azienda. Alcune aziende potrebbero concentrarsi sull’aumento dei ricavi totali, mentre altre potrebbero dare priorità alla redditività.

Ma indipendentemente dal criterio scelto, un OEC ben ponderato consente di valutare il successo delle iniziative di ottimizzazione della conversione in modo olistico, tenendo conto delle dinamiche uniche del business e delle sue priorità.

 


Ci siamo…Smontiamo i Miti: Conversion Rate e Average Order Value

CR vs AOV

Conversion Rate: un’illusione pericolosa

Come dicevamo prima uno degli errori più comuni nel mondo del digital marketing è l’ossessione per il tasso di conversione (CR). Spesso viene considerato il principale indicatore del successo di una campagna o di una strategia di ottimizzazione, ma il CR può essere ingannevole. Un aumento del tasso di conversione non garantisce necessariamente un aumento della redditività o del valore complessivo generato da un cliente.

Un e-commerce potrebbe aumentare il proprio tasso di conversione offrendo sconti significativi o eliminando le spese di spedizione.

Questo potrebbe spingere più persone a completare un acquisto, ma a quale costo?

Ridurre il margine di profitto può compromettere seriamente la sostenibilità a lungo termine del business. E sappiamo che il cash flow è la base della sostenibilità di uno shop online.

In altre parole, un CR in crescita potrebbe paradossalmente nascondere una subdola verità: un business prova a sopravvivere solo su numeri gonfiati a scapito della redditività.

Un esempio chiarificatore e blasonato potrebbe essere quello di Zalando, il gigante tedesco dell’e-commerce, che aveva ottenuto un drastico aumento del tasso di conversione nel 2010 quando iniziò a offrire spedizioni e resi gratuiti. Di contro l’aumento dei costi operativi ha poi pesato notevolmente sui margini di profitto.

Average Order Value: una metrica che può ingannare

Anche l’average order value (AOV) è un’altra metrica comunemente utilizzata per valutare la salute di un business. Aumentare l’AOV attraverso strategie di upselling e cross-selling può sembrare un successo, ma può anche alienare i clienti se queste tattiche sono percepite come troppo aggressive o forzate.

Un AOV più alto non garantisce un aumento dei profitti, specialmente se i margini sui prodotti venduti sono bassi.

 


Il Vero Valore: Revenue per Utente, Lifetime Value e Cash Multiplier

Revenue per Utente: La Metrica che Conta

Se metriche come il tasso di conversione e l’average order value possono essere ingannevoli, il revenue per utente (RPU) offre una visione molto più chiara e completa della performance complessiva di un e-commerce. 

A differenza del tasso di conversione, che si concentra solo su quante persone effettuano un acquisto, l’RPU misura quanto valore economico viene generato da ciascun cliente, non solo in termini di frequenza di acquisto, ma anche in termini di valore monetario delle transazioni.

L’RPU è particolarmente utile perché non solo indica la quantità di acquisti effettuati, ma anche la qualità di questi acquisti. Non tutti i clienti sono uguali: alcuni acquistano più frequentemente, altri spendono di più per ordine. Questa metrica consente di vedere oltre il numero di transazioni per capire quanto valore effettivo viene estratto da ciascun cliente.

Nell’esempio fatto in precedenza relativo a nostro cliente e-commerce per il quale abbiamo effettuato diverse attività di ottimizzazione CRO, possiamo vedere come ad un aumento del CR del 77,8%  corrisponda un aumento del Revenue per User del 18%
e-commerce aumento CRAumento Revenue per User


La differenza sta nel fatto che la 
revenue per user è una metrica robusta che non si concentra solo sulla quantità, ma anche sul valore complessivo che un cliente può generare. Questo è particolarmente importante per gli e-commerce che vogliono misurare il ritorno sugli investimenti di marketing e calcolare in modo più preciso quanto un cliente vale nel lungo periodo.

Aumento AOV e-commerce

Inoltre nel nostro lavoro con il cliente, stiamo monitorando da vicino l’andamento di altre metriche di performance interessanti, inclusa l’ARPPU (Average Revenue Per Paying User), che attualmente si attesta a 619,76 €, mostrando un calo del 22% rispetto al periodo precedente. Questo dato evidenzia che, in media, gli utenti paganti stanno generando meno entrate rispetto al passato, suggerendo che, sebbene il numero di acquirenti resti stabile, la loro spesa media è diminuita.

Parallelamente, stiamo osservando un incremento del 13,1% nelle entrate medie generate per ogni acquisto, con un valore che si attesta a 612,25 €. Questo invece indica che, pur avendo una diminuzione nel numero di transazioni per utente, il valore medio per acquisto sta aumentando, segno che alcuni utenti stanno effettuando acquisti di maggiore valore.

Il numero di transazioni per acquirente, è sceso a 1 con una riduzione del 31%, suggerendo che gli utenti, invece di effettuare acquisti ripetuti, stanno eseguendo una singola transazione.

Questo fenomeno spiega anche il motivo per cui, nonostante l’aumento del Conversion Rate (CR) del 77,8%, le entrate totali sono cresciute “solo” del 21,99%: più utenti stanno convertendo, ma stanno effettuando meno acquisti ripetuti.

Actionables
  • Fidelizzazione e aumento delle transazioni per utente: Stiamo lavorando su strategie per incentivare gli acquisti ripetuti attraverso promozioni mirate, campagne di remarketing e di email marketing, che incoraggino i clienti a tornare nel fare nuovi acquisti.
  • Segmentazione dei clienti: Procederemo con una segmentazione più dettagliata degli utenti (RFM) per identificare quelli che effettuano solo un acquisto rispetto a quelli che effettuano più transazioni. Questo ci permetterà di adattare le strategie di upselling e cross-selling ai gruppi con maggior potenziale.
  • Engagement post-acquisto: Miglioreremo il coinvolgimento post-acquisto, rafforzando le comunicazioni con contenuti e offerte personalizzate, per garantire che gli utenti siano incentivati a tornare per ulteriori acquisti.

 

Lifetime Value: L’Oro della CRO?

Life Time Value e-commerce

Se il revenue per utente offre una visione chiara del valore che un cliente può generare nel breve termine, il lifetime value (LTV) è considerato la metrica d’oro quando si parla di ottimizzazione delle conversioni.

Il LTV misura il valore totale che un cliente porta all’azienda durante tutto il ciclo di vita della sua relazione con essa, tenendo conto di tutte le transazioni effettuate e della frequenza degli acquisti.

Investire nella crescita del LTV significa concentrarsi sulla fidelizzazione del cliente piuttosto che sulle singole transazioni.

In altre parole, non ci si limita a cercare di aumentare il valore di un singolo acquisto, ma si cerca di estendere il rapporto con il cliente nel tempo, incentivandolo a tornare e a effettuare nuovi acquisti.

Le aziende che si concentrano sul LTV riescono a bilanciare meglio le loro strategie di marketing e a costruire una base clienti solida e fedele.

Va detto però che calcolare il LTV non è sempre facile. Richiede dati storici accurati e una visione a lungo termine che spesso le aziende non possono permettersi di avere nel breve periodo. Il problema è che potrebbe volerci molto tempo per ottenere un quadro chiaro e preciso del LTV (come dice qualcuno la tua azeinda potrebbe chiudere prima che tu possa calcolare il LTV…), e le decisioni aziendali devono essere prese in modo più rapido e tempestivo.

Per questo motivo, molte aziende si trovano a dover bilanciare la necessità di misurare il LTV con la realtà del flusso di cassa.

Una strategia che si concentra esclusivamente sul LTV rischia di ignorare l’importanza di generare ricavi immediati, indispensabili per sostenere l’azienda nel breve termine. È qui che entra in gioco il Cash Multiplier, KPI che ho imparato dai ragazzi di Bambu Earth e Common Thread Collective.

Cash Multiplier: Un Approccio Pratico al Valore del Cliente

Il Cash Multiplier (CM) è una versione più immediata e pratica del LTV, pensata per quelle aziende che non possono permettersi di aspettare anni per vedere i benefici completi del valore a lungo termine di un cliente.

Il CM si concentra su periodi di payback più brevi, solitamente tra i 60 e i 90 giorni, offrendo un’analisi più tempestiva e orientata al breve termine del valore generato dai clienti.

Ricordandoci che dobbiamo assolutamente conoscere qual è il tempo medio di riacquisto da parte dei nostri clienti, e adattare strategie e KPI di conseguenza.

In pratica, il Cash Multiplier misura quanto valore un cliente può generare nei primi mesi della sua relazione con l’azienda, permettendo alle imprese di monitorare l’efficacia delle loro strategie di acquisizione e retention senza dover aspettare il completamento dell’intero ciclo di vita del cliente.

Questo approccio aiuta le aziende a prendere decisioni più rapide e mirate, bilanciando gli obiettivi di breve termine con una visione strategica a lungo termine.

Ad esempio, se 100 nuovi clienti generano 15.000€ nei primi 60 giorni, il vostro Cash Multiplier sarà di 150€ per cliente.
Se il valore medio dell’acquisto iniziale era di
100€, il CM sarà pari a 1,5x, il che significa che i clienti hanno speso il 50% in più rispetto al loro primo acquisto.

Il CM offre quindi una misura pratica e tempestiva del valore del cliente, senza dover aspettare anni per ottenere un quadro completo del LTV.

È particolarmente utile per le aziende che vogliono ottimizzare le loro strategie di marketing e acquisizione clienti in tempi brevi, mantenendo comunque un occhio sugli obiettivi di lungo termine.

Come calcolare il Cash Multiplier

Il calcolo del CM è relativamente semplice e si basa su due variabili fondamentali:

  1. Fatturato totale generato da una coorte di clienti in un determinato periodo di tempo (ad esempio, 60 o 90 giorni).
  2. Numero totale di clienti nella coorte.

La formula è la seguente:

Calcolo Cash Multiplier

Di seguito un esempio reale di un nostro cliente fashion dove grazie a una piattaforma di business intelligence e analisi del comportamento d’acquisto per brand consumer integrato con Shopify, riusciamo a creare Coorti e analizzare il Cash Multiplier

Esempio Cash Multiplier

Vantaggi del Cash Multiplier rispetto al LTV tradizionale

Il Cash Multiplier offre diversi vantaggi rispetto al LTV tradizionale, soprattutto per le aziende che hanno bisogno di risultati più rapidi e immediati:

  • Tempestività: Il CM fornisce feedback più rapidi sull’efficacia delle strategie di acquisizione e retention, consentendo di apportare modifiche immediate alle campagne di marketing.
  • Actionability: Le decisioni possono essere prese in modo più immediato e mirato, basandosi su dati concreti raccolti in tempi brevi.
  • Allineamento con il flusso di cassa: Il CM riflette meglio le dinamiche finanziarie reali dell’azienda, concentrandosi su un periodo di tempo più breve.
  • Facilita la segmentazione: Il CM permette un’analisi più dettagliata per coorti di clienti, consentendo di identificare quali strategie, canali o prodotti generano il valore più elevato nel breve termine.

L’importanza dell’analisi per coorti

Per rendere il Cash Multiplier ancora più utile, è essenziale analizzarlo suddividendo i clienti in coorti, come visto nell’esempio precedente.

Una coorte è un gruppo di clienti che condivide una caratteristica comune, come il periodo in cui sono stati acquisiti o il canale di marketing utilizzato. L’analisi per coorti permette di identificare quali strategie, periodi dell’anno o canali di marketing portano i clienti più preziosi e redditizi.

Ad esempio, suddividere i clienti in base al canale di acquisizione (ad esempio, Google Ads, Facebook Ads, o campagne email) consente di identificare quali canali generano i clienti con il Cash Multiplier più alto.

Questo tipo di analisi è fondamentale per allocare in modo efficiente il budget pubblicitario e ottimizzare le strategie di marketing per massimizzare il valore dei clienti acquisiti.

 


Implementazione pratica del Cash Multiplier e l’equilibrio tra breve e lungo termine

Implementazione pratica del Cash Multiplier

“Tortura i numeri e confesseranno qualsiasi cosa.”Ronald Coase, economista e premio Nobel


Una volta compreso il concetto di Cash Multiplier e il suo significato per il tuo business, è il momento di metterlo in pratica.
Questo processo può sembrare complesso a prima vista, ma con gli strumenti giusti e una strategia ben definita, può diventare una parte essenziale della tua strategia di ottimizzazione.

Il primo passo per implementare il Cash Multiplier è stabilire obiettivi specifici e misurabili. Ad esempio, potresti decidere che il tuo CM a 60 giorni debba essere almeno 1,3x, il che significa che i clienti dovrebbero aumentare il loro valore del 30% rispetto all’acquisto iniziale entro i primi 60 giorni.

Allo stesso modo, potresti fissare un obiettivo di 2x entro un anno, il che significherebbe raddoppiare il valore del cliente rispetto al primo acquisto.

Questo tipo di target aiuta a tenere sotto controllo il rendimento delle tue strategie di marketing e a garantire che ogni campagna stia generando un ritorno adeguato sugli investimenti.

Una volta definiti gli obiettivi, il passo successivo è confrontare il Cash Multiplier con il Costo di Acquisizione Cliente (CAC).

Il rapporto tra CM e CAC diventa un indicatore fondamentale per valutare la redditività complessiva delle tue iniziative di acquisizione clienti.

Se il CM è significativamente superiore al CAC, significa che stai generando valore nel breve-medio termine e che l’investimento in acquisizione sta producendo i risultati sperati. 

Un rapporto CM positivo e in crescita è un chiaro segnale che le tue strategie stanno funzionando e che puoi continuare a investire in quel canale o campagna.

Dopo aver monitorato il CM per un periodo di tempo, è il momento di ottimizzare le tue strategie basandoti sui dati raccolti.

Ad esempio, se noti che una particolare campagna di email marketing sta generando un CM più alto rispetto ad altre, puoi decidere di aumentare il budget destinato a quella campagna o di replicare la strategia su altri canali.

Allo stesso modo, se un prodotto specifico ha un CM particolarmente elevato, potrebbe essere utile concentrarsi su quel prodotto per le campagne future, oppure puntare su promozioni mirate che incentivino ulteriori acquisti di quel prodotto.

Infine, una parte fondamentale del processo di implementazione del CM è migliorare la fidelizzazione dei clienti.

Aumentare il Cash Multiplier non significa solo ottimizzare le campagne di acquisizione, ma anche sviluppare strategie di retention efficaci che incoraggino i clienti a tornare e a spendere di più.

Questo può essere fatto attraverso campagne di email marketing mirate, programmi di fidelizzazione, offerte personalizzate o sconti riservati ai clienti più fedeli.

 

L’equilibrio tra breve e lungo termine

Uno degli aspetti più interessanti del Cash Multiplier è che offre un equilibrio perfetto tra la necessità di generare ricavi nel breve termine e l’obiettivo di costruire relazioni durature con i clienti nel lungo termine. Molte aziende si trovano a dover fare delle scelte difficili tra massimizzare il flusso di cassa immediato o investire in strategie di lungo periodo che potrebbero richiedere anni per dare i loro frutti. Il CM aiuta a bilanciare queste due esigenze, offrendo una visione chiara del valore che i clienti stanno generando nel breve periodo, ma senza perdere di vista l’obiettivo finale di aumentare il lifetime value.

Quando si implementano strategie basate sul Cash Multiplier, è importante ricordare che l’obiettivo non è solo quello di aumentare i ricavi a breve termine, ma anche di costruire una base clienti solida e fedele.

Questo significa che ogni azione presa per ottimizzare il CM deve essere bilanciata con l’impatto che avrà sul LTV e sulla fidelizzazione dei clienti. Ad esempio, una campagna promozionale potrebbe portare a un aumento immediato del CM, ma se quella stessa campagna erode i margini di profitto o danneggia la percezione del marchio, potrebbe avere effetti negativi sul lungo termine.

La chiave del successo è quindi trovare un equilibrio tra la crescita del Cash Multiplier e la costruzione di relazioni durature con i clienti. Non si tratta solo di vendere di più nel breve termine, ma di vendere meglio, assicurandosi che ogni cliente torni e continui a generare valore nel tempo.

 

L’integrazione del CM con altri KPI

Anche se il Cash Multiplier è una metrica estremamente utile, non può essere considerato isolatamente.

Per ottenere una visione completa delle performance del tuo e-commerce, è importante integrare il CM con altri KPI tradizionali, come il tasso di conversione, l’average order value (AOV) e il tasso di abbandono del carrello. Questi KPI forniscono un contesto aggiuntivo e aiutano a identificare le aree in cui ci sono opportunità di miglioramento.

Ad esempio, se noti che il CM è in crescita, ma il tasso di abbandono del carrello è altrettanto alto, potresti essere di fronte a un problema che sta limitando il pieno potenziale del tuo business.

In questo caso, potrebbe essere utile rivedere il processo di checkout o implementare strategie di recupero del carrello, come email di follow-up o sconti personalizzati, per incentivare i clienti a completare l’acquisto.

Allo stesso modo, se il CM è stabile ma il tasso di conversione è in calo, potrebbe essere il momento di rivedere le tue campagne di acquisizione e valutare se stai attraendo i clienti giusti, rivedendo le creatività degli annunci o sperimentando nuovi canali di marketing per aumentare il tasso di conversione e, di conseguenza, il Cash Multiplier.

Il CM come strumento decisionale

In definitiva, il Cash Multiplier rappresenta molto più di una semplice metrica: è uno strumento decisionale che consente di prendere decisioni più informate e mirate, basate su dati concreti.

Utilizzando il CM, le aziende possono identificare rapidamente quali strategie stanno generando i clienti più redditizi, quali canali di marketing sono i più efficaci e quali prodotti o promozioni stanno offrendo il miglior ritorno sugli investimenti.

Il CM permette di bilanciare gli obiettivi a breve termine con una visione di lungo periodo, garantendo che ogni decisione presa non solo massimizzi i ricavi immediati, ma contribuisca anche a costruire relazioni durature con i clienti. Questa metrica, se utilizzata correttamente, può diventare uno degli strumenti più potenti a disposizione di un e-commerce, aiutando a garantire una crescita sostenibile e redditizia nel tempo.

 


Superare i Limiti e le Sfide nell’Implementazione del Cash Multiplier

Le sfide dell’implementazione del Cash Multiplier

Nonostante i numerosi vantaggi offerti dal Cash Multiplier, la sua implementazione non è priva di sfide. Ogni azienda che decide di adottare questa metrica deve affrontare alcuni ostacoli operativi e strategici che possono complicare il processo. Tuttavia, comprendendo questi limiti in anticipo e sviluppando le giuste soluzioni, è possibile superare queste difficoltà e trarre il massimo beneficio dal CM.

Uno dei principali ostacoli riguarda la raccolta dei dati. Per calcolare con precisione il Cash Multiplier, è necessario avere accesso a dati accurati e aggiornati sugli acquisti dei clienti, incluse informazioni come il numero di transazioni effettuate e il fatturato generato in un periodo di tempo specifico. Questo richiede una solida infrastruttura di tracciamento, che non tutte le aziende, specialmente quelle più piccole, possiedono. Se i dati non vengono raccolti in modo accurato o se ci sono lacune nel processo di tracciamento, il calcolo del CM può risultare impreciso, portando a decisioni aziendali basate su informazioni errate.

Inoltre, la segmentazione per coorti, che è fondamentale per ottenere insight dettagliati sul CM, richiede un’analisi approfondita e competenze analitiche avanzate. Le aziende devono essere in grado di suddividere i propri clienti in gruppi specifici e di monitorare le loro performance nel tempo.

Questo non solo richiede strumenti di analisi sofisticati, ma anche team capaci di interpretare i dati e di trasformarli in azioni pratiche. Le piccole imprese o le startup potrebbero non avere le risorse per sostenere questo tipo di analisi complessa e potrebbero aver bisogno di esternalizzare parte del lavoro a terzi.

Un altro problema comune riguarda il bilanciamento tra gli obiettivi a breve e lungo termine.

Mentre il Cash Multiplier si concentra principalmente sul valore generato dai clienti in un periodo di tempo relativamente breve, il Lifetime Value e altre metriche di lungo termine sono altrettanto importanti per garantire la crescita sostenibile di un’azienda. Se ci si concentra esclusivamente sull’ottimizzazione del CM, si potrebbe trascurare il valore complessivo che un cliente può generare nel corso della sua vita, perdendo così opportunità di fidelizzazione e crescita a lungo termine.

Bilanciare il CM e il Lifetime Value per una strategia integrata

È fondamentale comprendere che il Cash Multiplier e il Lifetime Value non devono essere visti come metriche in competizione tra loro, ma piuttosto come due lati della stessa medaglia.

Mentre il CM fornisce una visione rapida del valore generato nel breve termine, il LTV offre una prospettiva a lungo termine che aiuta a pianificare strategie di fidelizzazione e a garantire la sostenibilità del business.

Il modo migliore per bilanciare queste due metriche è sviluppare una strategia integrata che tenga conto sia degli obiettivi di breve termine (ottimizzati attraverso il CM) sia degli obiettivi a lungo termine (misurati attraverso il LTV). In pratica, questo significa che le aziende devono concentrarsi sull’acquisizione di clienti che non solo generano un valore immediato, ma che hanno anche il potenziale per diventare clienti fedeli e redditizi nel tempo.

Ad esempio, una campagna di acquisizione che porta un CM alto potrebbe sembrare un successo a prima vista. Tuttavia, se quei clienti non effettuano altri acquisti nei mesi successivi, il loro LTV sarà basso, e il valore complessivo per l’azienda risulterà deludente. Al contrario, una strategia che equilibra l’ottimizzazione del CM con l’incremento del LTV incoraggerà i clienti non solo a fare acquisti nel breve termine, ma anche a tornare nel tempo, generando un flusso di ricavi costante e prevedibile.

Le aziende che riescono a bilanciare queste due metriche possono ottenere un vantaggio competitivo significativo.

In questo contesto, il Customer Lifetime Value può essere visto come l’obiettivo finale, mentre il Cash Multiplier diventa lo strumento per monitorare e ottimizzare il percorso verso quell’obiettivo.

In altre parole, il CM consente di verificare in tempo reale l’efficacia delle strategie di acquisizione e retention, mentre il LTV offre la visione complessiva del valore generato nel lungo periodo.

Ottimizzare le strategie di marketing utilizzando il Cash Multiplier

Una volta implementato il Cash Multiplier, è possibile utilizzarlo per ottimizzare le strategie di marketing in diversi modi.

Uno degli aspetti più interessanti del CM è che consente di misurare l’efficacia delle diverse campagne e canali di marketing con una precisione che altre metriche spesso non offrono. Questo permette alle aziende di prendere decisioni più informate su dove investire il proprio budget e su quali strategie focalizzare maggiormente gli sforzi.

Ad esempio, potresti scoprire che le campagne di Google Ads generano un CM più alto rispetto a quelle su Facebook Ads.

Questa informazione ti permette di allocare il budget in modo più efficiente, investendo di più nei canali che generano il maggior ritorno. Oppure, potresti notare che le campagne email personalizzate stanno generando un CM elevato per una determinata coorte di clienti. Questo suggerisce che c’è spazio per espandere le campagne email ad altri segmenti di clientela, con l’obiettivo di ottenere risultati simili.

Inoltre, il CM può essere utilizzato per identificare i prodotti o le categorie di prodotto che generano il maggior valore per cliente.

Ad esempio, potresti scoprire che i clienti che acquistano prodotti di fascia alta hanno un CM più elevato rispetto a quelli che acquistano prodotti di fascia bassa.

Questo insight potrebbe portarti a ripensare la tua strategia di prodotto, magari concentrandoti maggiormente sulla promozione dei prodotti ad alto margine, che generano un valore maggiore nel tempo.

Ecco un esempio lampante del nostro cliente, dove notiamo come l’acquisto di uno specifico prodotto genera un CM più alto

Coorte prodotti e-commerce

Un altro modo per utilizzare il Cash Multiplier è attraverso la personalizzazione delle campagne di retention.

Analizzando il CM per coorti di clienti, è possibile identificare quali segmenti rispondono meglio a specifiche iniziative di fidelizzazione e ottimizzare di conseguenza le strategie di marketing.

Ad esempio, potresti scoprire che una determinata coorte di clienti risponde molto bene a promozioni di upselling mirate, mentre un’altra coorte preferisce ricevere sconti sui loro acquisti successivi.

Utilizzando questi dati, puoi sviluppare strategie di retention personalizzate per massimizzare il CM di ciascuna coorte, aumentando il valore complessivo del cliente e migliorando le tue performance di marketing.

CM e personalizzazione: una combinazione vincente

La personalizzazione è una delle tendenze più rilevanti nel marketing moderno, e il Cash Multiplier gioca un ruolo fondamentale in questo processo.

Capire come i diversi segmenti di clienti rispondono a specifiche campagne ti permette di creare esperienze più personalizzate e rilevanti, che non solo aumentano il valore generato nel breve termine, ma migliorano anche la fedeltà e la soddisfazione del cliente nel lungo periodo.

La personalizzazione basata sul Cash Multiplier non solo aumenta il valore per cliente, ma migliora anche la customer experience, rafforzando il legame tra il cliente e il brand. Questo approccio non solo ottimizza i ricavi nel breve termine, ma aiuta a costruire relazioni durature, contribuendo così a migliorare il Lifetime Value.

L’importanza di scegliere i KPI giusti

In un mondo dove i dati e i numeri guidano le decisioni, l’A/B testing si rivela uno strumento potente, ma solo se accompagnato dalla giusta strategia e dalla scelta accurata dei KPI. Il vero valore non sta nel singolo test, ma nel saper leggere i risultati per fare scelte che generano crescita sostenibile e clienti fedeli. L’obiettivo è quello di bilanciare metriche immediate con una visione a lungo termine, costruendo un business solido che non si fermi alla superficie delle conversioni facili, ma punti a una reale crescita del valore per utente.

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